Le colpe dei padri ricadano sui figli: il Castello di Otranto

21.06.2020

"Il titolo che mi concedete è più di quanto un reietto possa pretendere"

Gli albori del romanzo gotico

Un castello, una nobile famiglia regnante e un crimine ancestrale che scatena irrimediabilmente l'ira divina: tutti topoi cari tanto alla letteratura greca quanto a quella latina, se non fosse che l'argomento riporti immediatamente all'immaginario cavalleresco e, di conseguenza, medievale. 

Manfredi, principe collerico e lacerato dalle sue preoccupazioni, ha come prerogativa l'imposizione di un erede, qualcuno che gli succeda alla guida delle terre di Otranto; la speranza riposta nel figlio Corrado viene ben presto mortificata dalla morte prematura di questi, e Manfredi cerca in ogni modo di possederne la sposa promessa: Isabella. La fuga della ragazza e la successiva comparsa di Teodoro, vero erede al trono, segneranno l'inizio della fine del regno di Manfredi. 

Al di là di lievi sfumature caratteriali i personaggi di questo romanzo rientrano perfettamente nelle collocazioni e negli schemi di tipi ben precisi, sdoppiati per sillogismi. Essi riprendono, modulati dal tempo, caratteri che avrebbero potuto essere propri della letteratura greca, dove compare un tiranno circondato da eroi positivi, capaci di compiere gesti estremi e pieni di pathos, oltre alla presenza divina che sì è invisibile ma funziona da deus ex machina, come fu caro al dramma di uno dei più grandi tragediografi: Euripide. 

L'opera di Walpole, uno dei primi romanzi gotici a livello europeo, si colloca in un determinato periodo della storia britannica, periodo in cui la predilezione per la letteratura francese , in particolare per le opere di Calprenéde e Scudéry, vie di mezzo tra l'antico racconto cavalleresco e il romanzo moderno. 

Lo stile con cui Il Castello Di Otranto è stato scritto è dovuto ad una condizione particolare, condizione in cui il padre di Walpole tenne le redini del regno per due sovrani consecutivi, cosa che ne fece tutt'uno con la dinastia dei Brunswick, onde per cui il nostro autore si trovò a godere di uno status di privilegio che solo alla corte spettava. Non stupisce, perciò, l'inclinazione di Horace Walpole verso lo status e le particolari attribuzioni all'onore familiare, anche se, caduto in disgrazia il padre, egli mostrò sempre un certo disgusto per la vita politica.

Ultimo, ma non meno importante, fu il suo gusto per le belle arti coadiuvato da numerosi viaggi e da un'antica predilezione per la genealogia e il rango che poi hanno influenzato il suo studio dell'antichità e del gotico. Nel Castello l'obiettivo finale è quello di unire il colpo di scena ed il tono del romanzo cavalleresco con il carattere umano delineato dal romanzo moderno, cosa che tuttavia lo spinse a presentare l'opera come una traduzione dall'italiano. 

A mio avviso non si tratta solo di semplice gusto, ma anche di una precisa volontà: quella di portare al lettore un quadro abbastanza fedele della vita la quale, seppur qui condita da elementi soprannaturali che rispettano l'immaginario cavalleresco, è reale e tangibile. Non a caso si può dire quasi con certezza che egli abbia cercato di dare una delle lezioni più antiche che ci siano: il male commesso ha sempre un prezzo da pagare, non importa il come e il quando, prima o poi torna a galla e la pena è uguale per tutti, principi e umili contadini, uomini e donne. 

Recensione di "Il Castello di Otranto", di Horace Walpole, Mondadori, 2016.

Argomento: Romanzo gotico

Anno di pubblicazione: 1764



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