La cattività avignonese nelle parole di Petrarca
"Invano con le armi della guerra civile abbiamo sconvolto i popoli, se c'è in questo mondo un potere diverso da quello di Cesare, se c'è terra che dei due sia." (Lucano, IX 1076-1078)
In difesa dell'Italia
Anno Domini 1373. Un anziano scrittore, ormai quasi alla fine del suo soggiorno terreno, impugna ancora una volta la penna per difendersi dagli attacchi di un ecclesiastico francese, Jean D'Hesdin; la battaglia è quella che vede la questione dell'ubicazione della sede pontificia, dal 1305 spostata ad Avignone. Lo scrittore è il celebre Francesco Petrarca, il primo degli umanisti, il più grande del suo tempo, autore de Il Canzoniere. Date le contingenze storiche, il poeta fiorentino è ben consapevole di aver perso in partenza, tuttavia non rinuncia a raccogliere le ultime energie e dedicarsi alla sua ultima creazione, in modo combattivo, ricco di profondità e di spirito.
E' così che vede la luce l'Invettiva in difesa dell'Italia (in latino: Contra eum qui maledixit Italiae) rivivono tematiche care al poeta e al suo amico Cola di Rienzo, colui che tentò di instaurare nella città di Roma una forma di comune, autodefinendosi "l'ultimo dei tribuni del popolo". L'importanza primaria tra tutti i temi trattati è ricoperta dal mito e dall'esaltazione di Roma, temi che nel tempo sono stati in grado di sopravvivere e riproporsi.
Con una lieve differenza rispetto al pur illustre Cola di Rienzo, la Roma caput mundi di Petrarca è quella che in sè riunisce il prestigio dell'Impero e del Papato: per essere più chiari, la Roma di Leone Magno, la Roma aeterna del mito pagano recuperato dal cristianesimo, ricollegabile a sua volta alla frase petrina
"Domine, quo vadis? Eo Romam, iterum crucifigi"
La presa di distanza da Cola non è del tutto chiara, tuttavia è certo che egli rimase profondamente turbato dal passaggio delle truppe ungheresi di Luigi D'Angiò, impegnato nell'assedio di Sulmona.
Un testo cruciale per la comprensione del nucleo dell'Invettiva è la Epistola Familiares XV, 9 in cui, rispondendo ad Agostino riguardo all'accostamento Roma-Babilonia: per Petrarca la gloria di Roma, guidata dal disegno divino, è servita a dare pace e unità a un mondo duro e bellicoso, la cui barbarie è estranea alla virtù. Quale tema più attuale, considerate le guerre intestine che scoppiavano frequentemente sul suolo europeo, più specificatamente italiano.
Alle spalle, dunque, dell'Invettiva per la disputa sulla sede papale si colloca un intento che potremmo definire di tipo 'storico', dove i termini "patria" e "trono" vanno a ricollegarsi alle teorie posteriori sulla figura del principe, base e fondamento degli Stati nazionali. Se ci pensiamo bene, in questo ruscello sotterraneo, nutrito dalla riscoperta di Livio e Cicerone, è nato il seme dell'assolutismo. Un elemento, questo, umanistico e più che mai moderno.
Ma, se non vogliamo leggere l'opera in questo senso, possiamo sempre pensare che si tratti di una lontana eco alla pace perduta, esigenza che, in tempi turbolenti, segnati da una violenza gratuita e impunita, è più che mai presente nelle menti e nei cuori delle persone.
Recensione di "ln Difesa Dell'Italia", di Francesco Petrarca, Marsilio, 2004.
Argomento: Trattato
Anno di pubblicazione: 1373
Nell'immagine:
Federico Faruffini, "Cola di Rienzo contempla le rovine di Roma", 1855
