Il Moro di Venezia
Una voce. Mai come nel racconto delle vicende di Cipro si son visti l'inganno, il risentimento e la gelosia, il mostro dagli occhi verdi, diventare un corpo e una voce. Con un grande balzo in avanti, frutto del miglior umanesimo italiano appreso dal Cinzio, Shakespeare stravolge e mette in discussione una simbologia, il bianco e il nero si contrappongono e perdono i nessi tra significante e significato. Se un Moro, nell'immaginario collettivo della società seicentesca poteva esser visto come cattivo, barbaro e infedele, per Otello non è così, il buono è lui, un cristiano dai modi gentili e dal cuore valoroso. Eppure la meschinità e l'invidia piombano su di lui per catalizzazione del subdolo Iago, una figura che, anche nella vita di tutti i giorni, riprende lo stereotipo del manipolatore, colui che pensa solo ed esclusivamente a se stesso e ai suoi perversi bisogni. Otello, in fondo, è la vittima, è lui il bersaglio e il fine ultimo dell'odio altrui, per i suoi avversari un Moro non comanda un possedimento veneziano e non sposa una delle fanciulle più ambite della Serenissima.
Questa sensibilità, pensandoci, è moderna, travalica il 1604 e fa riflettere sulle conseguenze della cattiveria umana sulla salute e sulla bontà di un individuo, anche uno dal cuore grande come quello di Otello.
Pensiamoci.
Recensione di "Otello", di William Shakespeare, Feltrinelli, 2013.
Argomento: Tragedia
https://www.ibs.it/otello-testo-inglese-a-fronte-libro-william-shakespeare/e/9788807900440
